Liana Ghukasyan

“Tocco – Segno – Taglio”

Inaugurazione: 29 settembre ore 18,00

Esposizione: 30 settembre – 23 ottobre 2016

 

 

Prendere coscienza di se stessi non vuol dire saper dare forma al proprio pensiero. Vi sono passaggi, necessità tecniche da espletare. Pensieri che si devono ramificare. Fatto ciò, viene, per un pittore, il momento della tela. Per Liana è un approccio privato, ricercato anche nelle ore della notte, quando il paesaggio, anche sonoro, cambia. Ripenso, mentre scrivo, alle parole nel suo studio. È venuto naturale concedersi del tempo, prima di creare l’esposizione. Quali pezzi, dove collocarli, giorni per fare ed altri per scambiarsi solo pareri, tramite mail. Questo è stato dopo. Prima si è detto molto. Seduti sulle poltrone a bere del thè con lo zenzero in pezzi, che sul fondo si faceva audace, ad ogni sorso. È stato semplice concordare che il titolo dell’evento sarebbe venuto. Si aspettava, il giusto o anche no. Sarebbe dipeso dagli attori in campo. Si sono viste tele, si è pranzato, si è discusso d’Italia, di mondo, di rispettive vicende accadute. E poi è arrivato “il momento”. Tra virgolette perché è la parola che meglio rappresenta,a mio giudizio, il percorso di Liana. Niente, nella sua pittura, è faciloneria. Dettagli (spesso piccoli, gustosi per l’osservatore)sono posati con il pennello senza un’esigenza estetica. Ci devono stare e proprio li. “Tocco – Segno – Taglio” oltre che il titolo dell’esposizione, sono anche parole. Mi sarebbe venuto da scrivere, “Solamente tre parole”. Ma avrei sbagliato perché anche le singole lettere (in lingua armena o italiana) sono lavorate dalla Ghukasyan, per darle dignità oltre che senso ulteriore. Sono sui fogli come sulle tele, spesso in luoghi non visibili o meglio, poco frequentati dagli sguardi degli amatori. Come detto, tre parole. Per periodi diversi, per anni che sono passati portando frutto. Quello del ragionamento sulle proprie origini è un capitolo, che muta continuamente. Porta alla creazione di pensieri e ad opere con colori netti, pochi. Come dire, quelli che servono. Ma ci sono anche le persone, non indagate ma interrogate. Compagne niente affatto silenziose sulla tela. Ti osservano, altre sono quasi solo dei contorni. Mi ricordano pitture murali di epoca medievale, dove la leggenda e la religione potevano andare insieme, accomunati da piccoli simboli. C’è del rosso nel lavoro di Liana. Se lo porta dall’Armenia e non è lo stesso che usano tutti gli altri. La composizione non c’èntra. Mi riferisco, ovviamente, alla sua calmierata gestione. Anche in questo caso, nessuna esagerazione. E poi sta sulla tela con una consapevolezza che nemmeno il nero riesce ad intaccare. In Galleria i pezzi, come si può immaginare, sono stati selezionati con una certa cura. Non per esigenza allestitiva ma per necessità di comprensione da parte dello spettatore. C’è infatti il tocco, il segno e per ultimo il taglio. Risultato recente e che ha influenzato il titolo dato all’evento.

 

 

Testo di Alessio Moitre

 

Per informazioni sul progetto Colla, a cui la Galleria Moitre aderisce

 

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